© Consorzio di Tutela Vitellone Bianco

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Agroalimentare, numeri in crescita per il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP

Il Consorzio di tutela presenta l’analisi dei dati 2022 della filiera: il trend generale si conferma positivo ma non mancano alcune ombre legate all’aumento dei costi di produzione e dei servizi

Cresce il numero degli allevamenti, la Chianina rimane una delle razze più apprezzate e aumentano le aziende di prodotti trasformati. Sono questi alcuni dati del 2022 della filiera del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale, la prima IGP europea della carne fresca che quest’anno compie 25 anni.

L’analisi dimostra che siamo di fronte a una certificazione in salute, con grandi margini di miglioramento per il futuro. Una delle cifre più significative è quella legata al numero di capi certificati che, con 18.311 bovini, è il più alto degli ultimi sei anni e segna un sensibile balzo in avanti rispetto ai 17.980 del 2021.

Gli allevamenti

Gli allevamenti passano da 3.204 a 3.218, a cui si uniscono 997 macellerie, 77 mattatoi e 123 laboratori di sezionamento che compongono la filiera.

Il maggior numero di allevamenti si trova in Umbria (con 600 strutture); a seguire in Lazio (544), Toscana (503), Marche (494), Campania (385), Abruzzo (364), Emilia Romagna (257) e Molise (71). L’andamento delle adesioni dei punti vendita ai controlli subisce una lieve flessione rispetto al 2021, ma si mantiene a livelli importanti con 997 macellerie aderenti.

Chianina – © Consorzio di Tutela Vitellone Bianco

Le razze in cifre

Nel computo generale delle certificazioni dei capi, crescono Marchigiana e Romagnola mentre cala leggermente il “peso” della Chianina. Questa, in estrema sintesi, la valutazione sulla base della razza, anche se l’elemento più significativo è la stabilità che la filiera sembra aver raggiunto anche da questo punto di vista. Nel dettaglio, la Marchigiana fa un salto in avanti, passando dai 6.527 capi del 2021 ai 6.866 del 2022; la Chianina mantiene la leadership generale come numero di capi certificati, anche se scende leggermente da 9.377 a 9.351, mentre la Romagnola mantiene il trend di crescita degli ultimi tre anni, passando dai 2.076 bovini del 2021 ai 2.094 del 2022.

Il prodotto trasformato piace sempre di più

Questo trend positivo del prodotto si traduce, dal punto di vista dei canali di vendita, in un consolidamento della quota destinata ai prodotti trasformati. In linea con il 2021, si conferma un costante aumento delle aziende di prodotti trasformati che prevedono, tra gli ingredienti, carne certificata di Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP (hamburger, ragù, bresaola, tartare, pasta ripiena) e che, pertanto, necessitano dell’autorizzazione del Consorzio di Tutela per l’utilizzo della denominazione protetta e del marchio.

Dal 2010, sono state oltre 600 le autorizzazioni rilasciate dal Consorzio per l’utilizzo della denominazione protetta e del logo ‘Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP’ nei prodotti trasformati.

Il marchio del Vitellone Bianco Appennino Centrale IGP – © Consorzio di Tutela Vitellone Bianco

Le sfide della filiera

Se il trend generale si conferma positivo e in ripresa dopo le difficoltà legate anche al contesto pandemico – ha dichiarato Andrea Petrini, direttore del Consorzio  – va anche sottolineato che non mancano i problemi, soprattutto esterni alla filiera. Se da un lato il mercato sembra dare chiari segnali di apprezzamento per le produzioni tipiche e di qualità, dall’altro questi stessi prodotti, come la carne di Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP, subiscono maggiormente l’aumento dei costi di produzione e dei servizi.

Il nodo per il futuro è legato in maniera indissolubile a questi aspetti esterni alla filiera, che condizionano in maniera significativa la redditività delle aziende e la competitività commerciale di tali produzioni. In questo contesto, è giusto sottolineare l’impegno di tutti gli attori della filiera, che stanno facendo del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale una delle IGP più importanti nel quadro delle certificazioni italiane. Per sostenere questo trend positivo, dovremo continuare a far conoscere e promuovere la nostra carne e la nostra filiera, combattendo la mala informazione e le mode del momento”.

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