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Vermouth bianco di Prato, la rinascita di un liquore dimenticato

Un piccolo laboratorio di Tavola ha salvato questa specialità dall’estinzione, facendola riscoprire non solo in Italia ma anche all’estero. Fabio Goti dell’Opificio Numquam ci racconta com’è nata la sua attività e come avviene la lavorazione

Si può bere fresco, è ottimo per accompagnare i tipici biscotti alle mandorle ed è sempre più apprezzato per “mixare” cocktail innovativi. È il Vermouth bianco di Prato, un liquore dalle origini settecentesche che, in passato, veniva preparato dalle massaie con uva bianca non matura, erbe raccolte nei campi e servito come aperitivo o digestivo.

A distanza di anni, la ricetta di questa antica bevanda ormai “dimenticata” è stata recuperata dall’Opificio Numquam, un piccolo laboratorio a conduzione familiare situato a Tavola, frazione di Prato.

Un piccolo laboratorio artigianale nel territorio di Prato

La nostra azienda – racconta il titolare Fabio Gotiinizia la sua avventura nel 1999. All’epoca avevamo un’enoteca con cucina dove facevamo anche i liquori per il fine pasto. Dopo qualche anno abbiamo iniziato a fare le conserve: distribuivamo i prodotti nei negozi di nicchia in tutta Italia. Allo stesso modo continuavamo a produrre anche liquori”.

Ma la storia vera e propria dell’Opificio Numquam comincia dopo. “Il 2007 – continua Goti – possiamo dire sia stato l’anno di una ri-nascita perché siamo riusciti a riportare il Vermouth bianco di Prato in commercio”.

Il Vermouth bianco di Prato, che dovrebbe essere un fiore all’occhiello di tutto il territorio, era infatti scomparso da 50 anni. Addirittura nasce prima di quello piemontese, che si è preso i meriti di essere il primo vermouth in assoluto.
Ma della specialità pratese si hanno testimonianze già nel 1750; lo confermano anche gli studi dell’Accademia dei Georgofili. Quindi la ricetta ha almeno 36 anni in più rispetto a quella di Carpano.

Il recupero di antiche tradizione e le materie prime di qualità

L’Opificio Numquam è una delle poche aziende in Italia che continua a seguire un metodo di lavoro “casalingo” che consiste nel mettere a macerare in vino bianco le erbe aromatiche, le erbe officinali spontanee e le spezie (tra cui genziana, chiodi di garofano, assenzio pontico e romano, coriandolo, noce moscata, buccia di limone e d’arancia). Molte di queste erbe provengono da un’azienda dell’Appennino Tosco-Emiliano; anche l’alcol utilizzato è biologico, ideale per ottenere un prodotto puro, senza alcun residuo di tossicità.

Conosco questo prodotto da quando sono bambino – confessa Fabio Goti – perché lo faceva mio nonno che era contadino, aveva i campi e si dedicava alla vendemmia. Ho recuperato da lui la ricetta e la modalità di produzione. Noi continuiamo a utilizzare la tecnica antica, lavoriamo come cent’anni fa; in più abbiamo solo l’imbottigliatrice che naturalmente in passato non c’era. Tutto il resto è fatto manualmente: mettiamo le spezie e le erbe in infusione nel vino bianco senza aggiungere aromi naturali o coloranti”.

Le tendenze del mercato

Spiritosando, i cocktail ready to drink

L’Opificio Numquam produce anche tre diversi gin, alkermes, grappe e molti altri prodotti che da sempre intercettano i gusti e le preferenze degli stranieri. Recentemente hanno iniziato ad avere un certo richiamo anche in Italia e con la pandemia la produzione si è adattata alle nuove esigenze con i cocktail ready to drink.

Non avremmo mai pensato di mettere sul mercato questi prodotti già pronti da bere – conclude l’imprenditore – ma probabilmente continueremo a proporli anche dopo l’emergenza Covid-19 perché molte persone ne fanno richiesta. Abbiamo ampliato la nostra proposta con 12 diversi cocktail con diverse pezzature. C’è un po’ più di lavoro da fare ma bisogna andare incontro alle necessità del consumatore”.

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