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A Vinitaly il futuro del vino e il modello virtuoso Montalcino

Lo studio ha preso in esame l’impatto del Brunello sull’economia. Assegnato al Consorzio del Chianti Classico il premio “Cento anni di eccellenza”

Lo stand del Chianti Classico a Vinitaly 2024

Consorzi e aziende vinicole ripartono da Vinitaly immaginando un futuro senza bottiglie. Uno studio, a metà strada tra la provocazione e il peggiore degli incubi, per capire quanto “pesa” la produzione tricolore sull’economia italiana. Provando a immaginare nuovi scenari e mercati. L’indagine “Se tu togli il vino all’Italia. Un tuffo nel bicchiere mezzo vuoto” ha tenuto banco nella prima giornata del Vinitaly 2024 a Veronafiere in programma fino a mercoledì 17.

Lo studio condotto dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly ha dimostrato come togliere il vino al Belpaese equivarrebbe, in termini di Pil, a cancellare quasi tutto lo sport italiano, compreso il calcio. L’analisi d’impatto economico commissionata a Prometeia e un focus dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly sui territori simbolo a trazione enologica come ad esempio Montalcino ha confermato il “peso” del comparto in termini di contributo economico al Paese.

Montalcino, due realtà a confronto: con e senza economia del vino

Brunello e Montalcino, modello virtuoso

Era il lontano 1948 quando una cantina di Montalcino aprì per la prima volta in Italia, le porte ai visitatori. L’inizio dell’era dell’enoturismo. “Da sempre Montalcino vive un rapporto simbiotico con il vino: una comunità agricola tra le più virtuose a livello nazionale insediata in un ecosistema in cui il Brunello fa da traino. Di fatto, l’enoturismo si è affermato proprio qui dove l’esperienza autentica del territorio non può che passare attraverso un calice. È da questo legame che nasce il brand oggi conosciuto in tutto il mondo” ha ricordato a Vinitaly il presidente del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino Fabrizio Bindocci.

Brunello, un giro d’affari da 153 milioni all’anno

Secondo l’analisi “ogni volta che a Montalcino viene aperta una bottiglia di Brunello si producono sul territorio 117 euro tra impatto diretto, indiretto e indotto (il quadruplo rispetto al valore di una bottiglia di vino franco cantina), per un totale di circa 153 milioni di euro l’anno. Si tratta di un vero e proprio effetto moltiplicatore, quello del principe dei rossi toscani, che si riscontra anche nell’enoturismo e nei servizi ad esso connessi”.

A Montalcino turisti wine lover raddoppiati

Secondo i dati diffusi, i turisti winelover a Montalcino sono “di fatto raddoppiati negli ultimi 8 anni. Qui si registrano più di 200mila presenze l’anno, di cui oltre la metà provenienti dall’estero. Le presenze e i soggiorni nel borgo toscano generano un giro d’affari di circa 80 milioni di euro, per una spesa pro capite giornaliera, al netto dei viaggi, intorno ai 120 euro. Una ricchezza diffusa su tutto il territorio, che registra indicatori di reddito superiori alla media regionale (24.400 euro contro 21.100), in visibile aumento rispetto anche alla media italiana (+38% contro l’11% di crescita decennale)”.

L’Italia senza vino non conviene a nessuno

A passare dal particolare al generale ha pensato il presidente di Unione italiana vini (Uiv) Lamberto Frescobaldi: “Un’Italia senza vino non conviene a nessuno: il vino è allo stesso tempo un attrattore e un generatore di valore ben oltre i perimetri del settore. Per continuare a distribuire ricchezza dobbiamo pensare ad affrontare al meglio una nuova fase. L’era della crescita volumica è finita e i paradigmi di consumo stanno cambiando molto velocemente: dobbiamo essere consapevoli di ciò e traghettare le imprese verso questa nuova sfida”.

Il cambiamento non deve spaventare

Per il presidente Uiv, esponente di una delle più antiche famiglie del vino, il cambiamento non deve spaventare. “In 20 anni – ha proseguito – l’Italia è stata capace più di ogni altro Paese produttore di rimanere protagonista sugli stessi mercati ristrutturando metà dei propri vigneti e adattandoli alle tipologie trainanti. Oggi le imprese dovranno fare la propria parte in termini di innovazione ed efficientamento, ma anche le istituzioni devono dare i giusti stimoli al comparto”.

Secondo Uiv, la competitività e lo sviluppo del settore – la cui scomparsa genererebbe una perdita stimata dallo studio nell’1,1% del Pil italiano – sono minacciate dalle pressioni proibizioniste che influenzano la politica dell’Oms e, a caduta, di molti Paesi (dopo l’Irlanda, ultime in ordine di arrivo, il Belgio e il Canada) e della Commissione Europea.

Gli strumenti per la crescita del mercato

I supporti finanziari previsti dalla Pac, le regole sull’etichettatura, gli health warning e la promozione, secondo il presidente Uiv, possono sostenere la crescita del comparto: “I fondi sulla promozione potrebbero essere utilizzati per studiare meglio i mercati, profilare i consumatori. Fasce giovani e diverse per composizione etnica hanno bisogno di un’attenzione in più: dobbiamo trovare una strada per avvicinarli al nostro prodotto, con soluzioni che ne rilevino l’attenzione al grado alcolico e zuccherino, per esempio”.

Dealcolati, lasciare spazio alla ricerca

“Per fare questo – ha concluso Frescobaldi – bisogna lasciare spazio alla ricerca e alla sperimentazione su prodotti, come i dealcolati, su cui non abbiamo ancora costruito know how. Sarebbe forse un modo per rispondere al problema della sovrapproduzione senza ricorrere ad espianti di vigneti la cui ristrutturazione è costata al nostro Paese 2,6 miliardi di euro di contributi pubblici”.

I tappi del Chianti Classico – foto di FB Chianti Classico

I 100 anni del Consorzio Chianti Classico

Il Consorzio Vino Chianti Classico è stato premiato nell’ambito della cerimonia per l’apertura della 56/a edizione di Vinitaly a Verona: il presidente di Veronafiere Federico Bricolo, ha conferito all’ente un nuovo riconoscimento istituito quest’anno, il premio “Cento anni di eccellenza“, per celebrare il centesimo anniversario dalla fondazione del Consorzio di vino più antico d’Italia.

Quello del Chianti Classico – si ricorda dal Consorzio toscano – è il primo Consorzio di viticoltori nato per proteggere e valorizzare un vino e il suo territorio di produzione: un territorio naturalmente vocato e di rara bellezza. Sono passati 100 anni dalla sua fondazione, eppure le sue intenzioni fondanti non sono mai cambiate nel corso del tempo: difendere la sua “marca d’origine” e preservare territorio, paesaggio ed economia. Sempre sotto l’emblema del Gallo Nero”.

Un attestato dell’impegno verso la qualità

Giovanni Manetti, presidente del Consorzio Chianti Classico, riguardo al riconoscimento ha parlato di “un attestato dell’impegno verso la qualità, non solo degli ultimi anni, ma di un secolo di salvaguardia e di rispetto del territorio. Raccogliamo l testimone dei nostri padri fondatori, che con lungimiranza decisero di avere un progetto comune e di creare il Consorzio: la loro visione fu quella di credere nell’unità di intenti, nella forza della collettività, fu quella di investire nell’aggregazione uscendo dalla miopia del singolo interesse privato, perché solo così si poteva gestire una produzione che potesse parlare di un intero territorio, uniti fin da allora dal marchio del Gallo Nero“.

Vino, un premio nel segno della continuità

Bricolo ha commentato: “Siamo orgogliosi di aver istituito un premio che celebra non solo la longevità del settore, ma anche la continuità di un impegno condiviso sul territorio per tutelare e promuovere il vino italiano a partire dalle denominazioni e dalle tipicità produttive. Come primo consorzio di tutela italiano, il Consorzio Vino Chianti Classico ha fatto nascere il concetto di marchio nella viticoltura italiana, con uno sguardo lungimirante che lo ha reso uno dei brand del made in Italy più apprezzati e riconosciuti a livello mondiale”.

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